Sono sempre stata abituata ad associare le rovine romane, i fori, i cardi ed i decumani all’impero romano in Italia e, talvolta, in Europa.
Mai e poi mai mi sarei aspettata di trovare vestigia romane così ben conservate dall’altra parte del mediterraneo dove, in effetti, gli antichi romani arrivarono e colonizzarono molte delle terre.
Proprio a Umm Qais e a Jerash, invece, sono stata catapultata tra templi, anfiteatri, fori e colonnati da fare invidia a Roma per bellezza, grandezza e, soprattutto stato di conservazione.
Umm Qais, Gadara per gli antichi romani, si trova quasi al confine con Israele.
Dalle sue alture, sotto le colonne dei templi, si gode di una splendida vista verso il lago di Tiberiade.
Nel suo anfiteatro, sebbene non perfettamente conservato, ci si può appollaiare sui gradini più alti e ascoltare chi parla dal centro del palco.
Queste sono le due immagini di questo luogo che mi rimarranno nella memoria, insieme al cigolio della porta del sepolcro da cui uscì l’indemoniato di Gadara, conservata nel museo che si trova all’interno del sito archeologico.
La parabola del Vangelo dice che Gesù, arrivando a Gadara, vide uscire due indemoniati dai sepolcri e li guarì mandando il demonio verso alcuni maiali che pascolavano lì attorno e che immediatamente si buttarono giù da una rupe. E’ singolare come ci si soffermi a riflettere e si ritrovino tutti i dettagli descritti dall’evangelista Matteo.
Il fascino delle rovine romane, però, lo si subisce mettendo piede nel sito archeologico di Gerasa, Jerash.
A una mezz’ora da Gadara, questa cittadina è letteralmente costruita intorno a quella che fu l’originale romana.
Arriviamo a fine mattina, il caldo è piuttosto torrido e il sole alto sulle nostre teste; nonostante tutto ciò, i racconti della nostra guida, Sufyan, e le bellezze che abbiamo intorno e sotto i piedi ci spronano a percorrere il chilometro del cardo maximo, a sostare in mezzo al foro ammirando le colonne e a salire fino all’anfiteatro.
Entriamo nella città romana di Gerasa dall’Arco di Adriano, costruito quando l’imperatore visitò la città e vi soggiornò per sei mesi.
Il massimo splendore di Gerasa risale al 375 d.C. e durò fino al 747 quando un disastroso terremoto fece crollare buona parte degli edifici che non furono più ricostruiti.
Gli abitanti, invece si spostarono appena al di fuori della zona romana e i resti rimasero intoccati fino all’inizio del 1800 quando vennero scoperti da un viaggiatore tedesco che iniziò i lavori di recupero.
All’interno del sito ci sono ben due anfiteatri ben conservati nei quali ancora oggi si tengono spettacoli e concerti. Nel più grande si può sperimentare l’ottima acustica ascoltando una cornamusa e una grancassa suonati da due musicisti dell’esercito che rallegrano la visita con una classica marcetta.
Ma se siete fortunati come noi potrete rimirare il foro e il cardo maximo dall’alto, tra le colonne del tempio di Giove e ascoltare il canto del muezzin che richiama i fedeli alla preghiera.
Scendete poi verso il cardo maximo, percorretelo in tutta la sua lunghezza, perchè ai suoi lati scoprirete edifici e resti che meritano di essere ammirati, ma soprattutto guardate dove mettete i piedi; non tanto perchè la strada sia un po’ sconnessa [quindi scarpe comode altrimenti le distorsioni alle caviglie sono dietro l’angolo] ma per scoprire i solchi lasciati dai carri degli antichi romani circa duemila anni fa.
non mi stancherei mai di rileggere post sulla Giordania!
Bello bello bello Polly!
Mi hai fatto rivivere quelle emozioni <3
Grazie Manu…confesso che mi manca tanto!!
Anche io non smetterei mai di leggere di Giordania! 🙂
Sono perfettamente d'accordo sul fatto che ciò che abbiamo visto fa invidia a una città come Roma. Lo stato di conservazione è incredibile, cosa che non posso dire per la mia città.
Grazie Paoletta!
Grazie Lucia. Anche Roma ha parti ben conservate…ma ne ha talmente tante!
Sento ancora il canto del muezzin. Un'esperienza formidabile <3
Idem…il canto nelle orecchie e questa bellezza negli occhi