stilare i primi bilanci e a compilare le liste di cose assolutamente da fare
nella propria vita. Tra di esse – ormai ne sono certo – andrebbe inserita anche
“mangiare le sardine a Douarnenez”. Lo so, lo so… scritta così, sembra
un’esperienza fin troppo banale. Tuttavia, vi offrirò una presentazione di
questo paese della Bretagna meridionale, confidando che possa attrarre voi,
così come ha conquistato me.
coordinamento tra i veloci TGV da Parigi e gli efficienti bus che vi porteranno
alla destinazione finale prescelta, sempre che non vogliate noleggiare un’auto.
Tra l’altro, la Ville Lumière è la
meta aeroportuale prediletta da tutti gli italiani, nella quale si può anche
pianificare una sosta di uno o due giorni per un teatro, un museo o quel
ristorantino nel quale… beh, nella vostra precedente visita non avete fatto in
tempo ad andare!
così come pure le stagioni in cui farlo. Personalmente vi consiglio la fine
dell’estate, verso settembre – avendo accolto il parere di Henri Queffélec,
autore di Les Romans des iles, che
descrive questo mese in Bretagna come spesso “risplendente” – quando la natura
offre dei colori vivaci e si può ancora godere di giornate luminose e miti.
Questa volta parleremo, appunto, di Douarnenez, pittoresco paese che dà il nome
alla baia su cui si affaccia, nato come borgo di pescatori ed evolutosi a porto
peschereccio sede delle connesse industrie lavoriere, ma affermatosi anche come
rinomata località di villeggiatura, frequentata a partire dal 1860 da numerosi
artisti e poeti, tra i quali è giusto ricordare almeno Jules Breton, Matisse e
Max Jacob.
affettuosamente Penn Sardin, testa di
sardina – è il risultato dell’unione di quattro comuni limitrofi, avvenuta nel
giugno 1945: Douarnenez, Ploaré, Pouldavid et Tréboul.
Anticamente, era una
delle località all’interno del golfo nei cui pressi i Romani avevano impiantato
una rete di fabbriche di salatura del pesce e di produzione di garum, la celebre salsa a base di pesce
fermentato, che si presume oggi di gusto simile al nuoc-mam vietnamita.
Se si intraprende una passeggiata verso Est
lungo la costa, è agevole giungere al villaggio di Plomarc’h, le cui
tradizionali case in pietra – rimaste immutate da pressoché due secoli – un
tempo ospitavano i pescatori locali, mentre oggi fanno parte di una fattoria
diffusa, in cui gli animali allevati perpetuano le antiche razze bretoni.
Proseguendo, si giunge al sito archeologico gallo-romano ben curato e ricco di
pannelli esplicativi, sede di un laboratorio sin dal II-I Secolo a.C., poi
riadattato ad altri usi nel corso del Medioevo. Un turista italiano, abituato a
vestigia di ben altra imponenza, dovrebbe apprezzare soprattutto la cura che la
municipalità ha dedicato all’allestimento del sito, nonché le emozionanti vedute
che gli offre la passeggiata naturalistica, fino alla plage du Ris ma anche oltre. Volendo, infatti, esistono numerosi
percorsi di trekking di varia difficoltà, sia lungo la costa che verso
l’interno, oltre all’opportunità di praticare il birdwatching.
ripercorre la storia del paese, seguendo sulle strade le placche in bronzo che
raffigurano – ovviamente! – sardine, a cui si alternano pannelli con foto
d’epoca e chiare descrizioni.
Tornando verso il centro abitato, dunque, il
primo quartiere che si incontra è Rosmeur, il vecchio porto ingrandito e
migliorato a metà ‘800, quando la pesca intensiva delle sardine e la collegata
industria conserviera moltiplicarono la popolazione locale, peggiorandone però
le condizioni di vita e lavorative. Ancora oggi, si ricordano le lotte
sindacali condotte agli inizi del XX Secolo, le quali portarono a notevoli
conquiste, seguite purtroppo a breve distanza dalla penuria di sardine, che
acuì la crisi del settore, definitivamente ridimensionatosi nel secondo
dopoguerra.
Oggi Rosmeur, che si affaccia sul moderno porto peschereccio, è un
grazioso quartiere in cui è possibile mangiare in uno dei numerosi ristoranti,
tra i quali vi segnalo tre scelte, altrettanto valide ma con budget e menu
differenti. La più economica è la tipica Crêperie
du Sallé, segnalata anche dal noto sito Routard;
più elaborati i piatti del Quai 29,
nel quale si può spaziare tra carne e pesce; tipico il ristorante Chez Fanch, nel quale dovrete necessariamente
gustare le sardines grillées au barbecue,
proprio quelle che ci hanno fatto giungere sin qui! Per dessert, ovviamente,
una bella fetta di kouign amann,
dolce tipico a base di burro che, gustato caldo, dà il meglio di sé.
Credits: www.cuisineactuelle.fr |
Cretits lesmitrons.fr |
e le monumentali chiese del centro, si attraversa la collina che separa Rosmeur
da Port Rhu, il nuovo porto costruito
nel XIX Secolo per le esigenze della pesca. Giunti alle banchine, davanti ad
esse ci attendono i soli tre laboratori conservieri ancora attivi a Douarnenez
(dei quali il Kerbriant è
visitabile), accanto alla sede del Port-musée,
strutturato in una sede a terra e numerosi battelli ormeggiati sul fiume
Pouldavid, alcuni dei quali visitabili. L’esperienza offerta da questa
struttura è molto stimolante, poiché vengono mostrati oggetti e battelli legati
alla cultura marittima non solo bretone, alla pesca e al diporto, alla
lavorazione del pesce, agli uomini e alle donne che hanno dedicato al mare la
propria vita. Inoltre, il museo ospita costantemente mostre temporanee,
allestite in ampi spazi e con dovizia di pannellature esplicative.
naturale integralmente protetto, visitabile accompagnati da una guida e
accessibile solo in particolari condizioni di bassa marea.
Chi non è abituato all’escursione di marea, che in questa area è mediamente di circa sei metri, si
stupirà delle enormi spiagge di un colore ed una consistenza caraibici, tra le
quali le più suggestive sono la plage des
Sables Blancs e St. Jean,
sommerse dall’Oceano Atlantico ad intervalli di sei ore, lasciando comunque ai
meno freddolosi l’opportunità di concedersi un bagno tonificante.
Nel 2015,
in particolare, Port Rhu ha ospitato
la flotta dei Mini 6.50 partiti il 19 settembre per la regata Minitransat 2015.
In pratica, si tratta di barche a vela di 6,5 metri, condotte in solitaria da
skipper internazionali che, dopo una tappa alle Canarie, navigano in totale per
4mila miglia fino alla Guadalupa, al di là dell’Oceano. La cultura marinara
francese è invidiabile: le classi delle scuole scelgono il proprio beniamino e
ne seguono le vicende nautiche; i negozianti di Douarnenez hanno “adottato” un
minista ciascuno, per farlo sentire a casa anche lontano dai propri cari.
sport nautici. È noto infatti come la Bretagna sia costellata di porti, in cui
fanno base numerose flotte di imbarcazioni a vela di differenti tipologie, i cui
equipaggi sono costantemente impegnati in allenamenti e regate, favoriti dalle
particolari condizioni di navigazione offerte dal clima dell’Atlantico e dalle
insidiose coste bretoni.
Attraversato Pouldavid si giunge così al porto di Tréboul, turistico e
sportivo, ove si può approdare con la propria imbarcazione ovvero affittarne
una, seguire i corsi di vela, kayak, windsurf o ancora partecipare alle
escursioni in mare organizzate dai club locali.
infatti nei suoi pressi che si trovano numerosi edifici d’epoca, tra cui la
bella chiesa ed un percorso naturalistico che conduce alle due spiagge citate
poco sopra, oltre ad un impianto termale vista mare.
Non stupisce, dunque, che
la zona abbia un’alta incidenza di seconde case, utilizzate soprattutto durante
l’estate. Sicuramente è un luogo dove recarsi se non si vuole tirare tardi la
sera, se la vostra passione è la natura e apprezzate decisamente i luoghi
ordinati, a misura d’uomo (per dirne una: ci sono bagni pubblici gratuiti
pressoché ovunque, puliti e ben tenuti) e dal fascino gotico.
Un’ultima cosa:
piuttosto che in un albergo, vi consiglierei di prenotare il vostro soggiorno
presso una chambres d’hôtes (i nostri
B&B) – tra le quali vi segnalo quella della famiglia Quemener,
a Tréboul, ampia e con il mare a portata di vista – una scelta che vi
consentirebbe di vivere un’atmosfera più familiare, facendovi sentire, in fin
dei conti, un po’ un Penn Sardin.
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