Dopo la visita in Valtellina dello scorso anno, per volare con FlyEmotion, mi è rimasta la curiosità di tornare in quella zona per scoprire di più sui paesi della valle, sul vino e sui prodotti tipici che sono ben conosciuti in tutta Italia e anche all’estero: la bresaola innanzi tutto, poi i formaggi come il bitto e il casera per citarne due, ed infine gli sciatt.
Ci sono tornata un paio di settimane fa e lo ammetto: mi sono data alla pazza gioia perchè ho potuto godere di due soleggiate e piacevoli giornate tra cultura e tanta, tanta, tanta enogastronomia.
Una delle prelibatezze tipiche della Valtellina è la bresaola. Questo è uno dei prodotti più conosciuti della valle, una tipicità che si trova ormai in tutta italia e anche all’estero ma che spesso non si conosce bene nella sua particolarità.
Questo salume, spesso consigliato nelle diete perchè molto magro, ci viene presentato dal Salumificio Mottolini nella sua versione “originaria”, uno dei fiori all’occhiello di questi produttori che selezionano carni di animali allevati e macellati esclusivamente in provincia di Sondrio, tanto che proprio il prodotto stesso prende quel nome per distinguersi nella sua particolare preparazione e conformazione. Il fatto di avere il grasso così ben distribuito all’interno del pezzo di carne (la marezzatura come viene chiamata tecnicamente), conferisce una morbidezza e una gusto particolare, si scioglie in bocca e non rimane troppo stopposa come talvolta può risultare.
Il re della Valtellina è però senza dubbio il BITTO tanto da meritarsi annualmente una celebrazione all’Agriturismo La Fiorida dove abbiamo partecipato lo scorso anno alla serata “Il Bitto e le Stelle“: dieci chef stellati Michelin hanno presentato piatti con protagonista proprio il più noto formaggio valtellinese. Il Bitto viene prodotto in questa Valle e soltanto con il latte delle mucche che stanno in alpeggio. Durante la visita dello scorso autunno avevamo soggiornato al rifugio Piazza, sopra Albaredo per San Marco, e qui Nadia e il marito ci avevano raccontato di come viene prodotto il Bitto. Il latte, appena munto, dev’essere subito lavorato ed ecco perché anche loro, con le mucche agli alpeggi, hanno delle piccole baite di appoggio, i calech, per non dover tornare al rifugio con i bidoni di latte dopo ogni mungitura del mattino e della sera.
Lo abbiamo ritrovato, insieme al Casera, altro formaggio tipico della Valtellina stagionato minimo 70 giorni e più consumato anche perchè prodotto tutto l’anno, alla Latteria Sociale di Chiuro.
La Latteria di Chiuro, fondata nel 1957, lavora circa 7 milioni di litri di latte proveniente dai 22 soci conferenti; è solo latte valtellinese che viene raccolto dalle cascine dislocate alle porte di Sondrio fino a quelle di Tirano.
Uno degli ottimi prodotti che ho apprezzato (forse perchè da un po’ non ne mangiavo uno) è stato lo yogurt; ci raccontano che la produzione dello yogurt è iniziata quasi per scherzo, ma oggi viene distribuito in tutta Italia: viene prodotto con il latte valtellinese, ovviamente, ma anche le confetture che sono al fondo del vasetto sono prodotte artigianalmente in zona.
Altri formaggi che ci vengono fatti assaggiare sono il Latteria, stagionato 40 giorni, e la ricotta.
Interessante è poter visitare le celle dove le forme vengono conservate e dove continuano la loro stagionatura ad una temperatura controllata e costante.
Unire il formaggio [soprattutto il casera in questo caso] con il grano saraceno, molto noto nella zona e cresciuto in questi territori montuosi che non possono coltivare cereali che hanno bisogno di caldo e sole per molti mesi l’anno, permette di preparare i ben noti pizzoccheri, che con l’aggiunta di patate, verze ad altre verdure forniscono un piatto unico sostanzioso e invitante.
Non solo, pizzoccheri però. Citando il grano saraceno e il casera ad un valtellinese, vi racconterà sicuramente degli “sciatt”, una sorta di palline di pastella di grano saraceno contenenti un pezzetto di casera che vengono tuffate in olio bollente per essere fritte e gustate al momento. Uno street food di altri tempi, ancora oggi servito in un cartoccio, che sposa la croccantezza esterna ad un cuore morbido e filante dato dal formaggio. Uno sciatt tira l’altro, credetemi… ma di questo ancora ne parleremo!
Post scritto in seguito alla partecipazione al blogtour #SaporeInLombardia.
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