Prima di partire per il Giappone sapevo già che dal punto di vista cibo mi sarei alquanto divertita. Amo la cucina giapponese, benché la mia conoscenza [ho scoperto una volta là] fosse davvero molto limitata.
Spesso nei ristoranti giapponesi in Italia si trovano molti altri piatti oltre al classico sushi e sashimi o il tempura; quello che viene da pensare è che siano piatti cinesi proposti insieme a quelli giapponesi per accontentare chi non mangia pesce crudo.
Ravioli, riso e noodle fritti, pesce cotto… non mi sembravano piatti tipicamente giapponesi. E invece ho dovuto ricredermi, tanto è vero che la scorsa settimana, tornata in uno dei miei ristoranti giapponesi preferiti qui vicino a casa, ho osservato con più attenzione il menu e ho ritrovato i cibi che ho assaggiato nella terra del sol levante.
La cosa più interessante riguardo i ristoranti in Giappone, a cui noi non siamo assolutamente abituati, è che ognuno ha la propria specialità. In un ristorante di sushi mangerete quasi solo quello, mentre non troverete pesce crudo o ramen in un ristorante che serve tempura. Ogni locale ha la sua specialità e pertanto non aspettatevi di avere tutta la selezione in un ristorante solo. Decidete cosa mangiare e cercate quello che fa per voi!
SUSHI
Il sushi è stato uno tra i primi piatti che ho voluto assaggiare. Ero curiosa di capire le differenze e, soprattutto, di vederlo preparare da un vero chef giapponese.
La prima esperienza con il sushi è avvenuta a Fukuoka, dopo una delle sessioni della Lions Clubs International Convention, a pranzo.
Ci siamo fatti consigliare dall’hotel un ristorante dove poter assaggiare il sushi e dopo averlo cercato per almeno 15 minuti, abbiamo scoperto che molti ristoranti non si trovano al livello della strada, ma nei piani superiori o, come in questo caso, nel piano seminterrato [una conferma in più di quanto avevo letto sul Giappone].
L’atmosfera, appena entrati nel ristorante, è stata quella da film: un grande spazio centrale, dove lavoravano i cuochi, circondato da un bancone al quale sedersi e altri tavoli sparsi nella sala. Ci siamo subito accomodati al bancone, per poter godere meglio lo spettacolo.
I cuochi, tutti con la giacca bianca e la cravatta nera, ci guardavano incuriositi, un po’ come noi guardavamo loro. Uno studiarsi reciproco che è sfociato, dopo alcuni minuti, in un sorriso caloroso: nonostante la barriera della lingua, in Giappone non ci si ignora mai; il sorriso è il miglior modo per sentirsi a casa.
Ma tornando al sushi, una volta pubblicata su Facebook la foto del bellissimo piatto che ci siamo divorati con gusto, mi è stato chiesto se ci fosse differenza. La differenza c’è, eccome! Se da noi un nigiri è composto dal 60% di riso e dal 40% di pesce [quando va bene], in Giappone è quasi l’opposto o comunque sia c’è sempre un 50-50.
Dal punto di vista degli assortimenti, direi che qui da noi tendiamo a diventare talvolta troppo fantasiosi. Un po’ come succede per le pizze, se vai a Napoli la lista è ridotta, così anche in Giappone c’è un’ottima scelta ma non una varietà interminabile di combinazioni.
RAMEN
Una delle scoperte più entusiasmanti della cucina Giapponese, però, è stato il ramen! Ne avevo sentito parlare, ma non lo avevo mai assaggiato, nemmeno in Italia. Non è così conosciuto e comune; qui da noi ci sono alcuni ristoranti specializzati solamente in ramen e quindi non si trova nei ristoranti giapponesi comuni. E’ una zuppa di noodle in brodo (i noodle possono essere di frumento o di grano saraceno) con aggiunta di uova sode, carne, verdure.
La prima sera in Giappone, dopo un viaggio durato ben più di 24 ore, siamo approdate nel nostro hotel di Fukuoka e abbiamo chiesto al concierge di indicarci dei ristoranti comodi e buoni poco lontani. Ci ha suggerito un ristorane appena al di là del ponte rispetto all’hotel, che abbiamo scoperto poi essere una catena di ristoranti che serve ramen in tutto il Giappone.
L’inizio con il cibo giapponese e sopratutto con il ramen è stato davvero divertente: arrivati fuori dal ristorante ci sono state indicate due soluzioni per accomodarci: i tavoli oppure i separé. Abbiamo optato per i secondi, pensando di sederci una di fronte all’altra con un separé che permettesse di conversare tranquillamente. Niente di più sbagliato: i separé sono per una persona sola: in Giappone ci sono tanti single che escono a cena soli e che possono avere, in questo modo, la loro privacy e il loro spazio senza essere osservati o dover osservare gli altri. Questi spazietti sono attrezzati di tutto punto, con salse e fontanella per l’acqua. Di fronte c’è una tenda sollevata verso la zona di servizio, che viene abbassata non appena il cibo è consegnato al tavolo.
L’altra cosa che ci ha stupite e fatto sorridere, ma che abbiamo incontrato in parecchi bar e ristoranti giapponesi, è la macchinetta distributrice di biglietti, Si seleziona la pietanza scelta, si paga (rigorosamente in contanti) e si ottiene un ticket che verrà consegnato al cameriere per il servizio.
Tra i vari ramen che ho assaggiato, tutti diversi a seconda della zona in cui ci si trova e della scelta del brodo e degli ingredienti che compongono il piatto, quello che ho più amato è il Tonkotsu Ramen, o Hakata Ramen, quello tipico di Fukuoka.
La caratteristica di questo ramen, rispetto agli altri, è il brodo che viene preparato con ossa di maiale bollite: è gustosissimo e [nonostante quanto si possa pensare] meno grasso rispetto al classico brodo di pollo.
A Fukuoka (ma anche in altre città) provate il ramen da Ichiran Hakata.
TEMPURA
Anche il tempura [l’accento va sulla e e non sulla u come siamo abituati a pronunciarlo noi] è stata una bella sorpresa. Non tanto per le verdure e i gamberi pastellati di per sé, perché questi non differiscono affatto da quelli che siamo abituati a mangiare in Italia, ma dal servizio completo. Solitamente in Giappone quando si ordina un piatto, si riceve un full set: non solo il tempura, ma il riso con la salsa, la zuppa – solitamente di miso -, i sottaceti – che in Giappone sono qualcosa di stratosferico e meritano un capitolo a sé – e talvolta anche il dolce. Ecco quindi che un pasto completo non è affatto caro: noi ce la siamo sempre cavata con 10-12€ a pasto, salvo per il sushi dove bisogna mettere in conto di spendere almeno 20-22€.
OKONOMIYAKI
A Osaka ci siamo divertite ad assaggiare l’Okonomiyaki, una sorta di pancake di cavolo e uovo, cucinato alla piastra, al quale aggiungere carne o pesce e che viene servito con salsa barbecue, maionese e delle scaglie di pesce affumicato ed essiccato leggerissime che quasi si sciolgono a contatto con l’okonomiyaki. Questo è un piatto tipico di Osaka, che consiglio assolutamente di provare, così come le polpette di polpo fritte che si trovano quasi esclusivamente qui.
Parlando di cucina alla piastra non possiamo esimerci da menzionare gli Yakisoba o gli Yaki Udon, spaghetti di frumento o di grano saraceno alla piastra ai quali aggiungere carne, pesce e/o verdure. Ce ne siamo fatte una scorpacciata proprio a Osaka, dopo aver scoperto, accanto alla casa in cui abitavamo, un piccolo ristorantino che cucinava piatti alla piastra e che aveva 4 tavoli con la piastra centrale ai quali si avvicendavano decine di famiglie o gruppi di amici ogni sera. Le cuoche, che non parlavano inglese, ci sorridevano ogni volta che varcavamo la soglia e facevano di tutto per metterci a nostro agio mentre aspettavamo le pietanze come take away o che si liberasse un tavolo per cenare in loco.
GYOZA
Ricordando questi piccoli ristoranti caratteristici, poco frequentati dagli stranieri e dai turisti in quanto posizionati nei quartieri meno trafficati, non posso evitare di pensare al ristorante vicino alla casa di Tokyo. Il quartiere, a metà strada tra Shinjuku e Shibuya, era quello classico dei cartoni animati giapponesi, quasi come quello in cui viveva Spank per intenderci: casette basse con il giardinetto, piccoli condomini di due piani, strade strette e negozi caratteristici. Qui abbiamo scoperto un ristorante che preparava dei gyoza stratosferici e un riso fritto buonissimo, ma soprattutto abbiamo incontrato delle persone squisite. L’unico che parlava qualche parola di inglese era il cuoco, che usciva dalla cucina per prendere l’ordinazione e che attraverso una finestrella ci mostrava i cibi che avrebbe cucinato per noi. Non vi dico la nostra ilarità quando, saputo che eravamo italiane, ha esclamato “Italy!! Roberto Baggio!!”
I gyoza sono dei ravioli, simili ai ravioli cinesi a cui siamo più abituati, ma fatti a mezzaluna e molto più asciutti. Sono solitamente bolliti e poi passati sulla piastra oppure fritti.
I gyoza migliori li abbiamo mangiati a Kyoto, nel quartiere Gion, al ristorante Chao Chao Sanjo Kyamachi.
In questo locale servono solamente gyoza, con diversi ripieni, fritti, bolliti o alla piastra. Se siete curiosi di assaggiare questa specialità e siete in città non perdetevi questo ristorante; vi raccomando però di prenotare perchè c’è sempre una lunga coda all’esterno. Se invece prenotate avete il diritto di bypassare la coda, e vedrete il vostro nome scritto sulla lavagnetta all’esterno!
YAKITORI
Succede spesso di passare davanti a ristoranti dai quali esce un profumo di griglia e, talvolta, anche un po’ di fumo.
Una sera ci siamo fatti tentare dal profumo invitante degli Yakitori e siamo entrati in uno di questi locali fumosi, in cui parecchi ragazzi, coordinati da un uomo più anziano, si affaccendavano intorno ad alcune griglie poste nel mezzo del locale.
Abbiamo innanzi tutto dovuto lasciare le scarpe all’ingresso; in molti ristoranti è richiesto entrare scalzi, ma sono tutti dotati di armadietti chiusi a chiave nei quali depositare le proprie calzature.
In questo locale di Fukuoka ci siamo seduti per la prima volta per terra, su alcuni cuscini, con i tavoli bassi. E’ stata una prova, perchè sinceramente stare due ore con le gambe incrociate e seduti sul pavimento non è il massimo della comodità. Per fortuna eravamo in una stanza piuttosto ampia e ci siamo potuti accomodare alla meglio, cambiando spesso posizione.
Come ogni ristorante non turistico che si rispetti, anche qui nessuno parlava inglese e quindi l’unica soluzione è stata quella di andare a vedere che cosa proponevano e scegliere i pezzi da mettere sulla griglia: abbiamo fatto un misto tra carne, pesce, interiora, salsicciotti e con l’aggiunta di pickles [sottaceti] ci siamo divertiti un mondo a mangiare cibi sconosciuti grigliati.
Abbiamo persino fatto amicizia con il tavolo accanto, dei giovani giapponesi che cenavano dopo la giornata di lavoro, che si sono scervellati mezza cena per capire di dove fossimo tentando con Spagna o Repubblica Ceca [chissà poi perchè!] e chiedendoci cosa ne pensassimo della Brexit.
KOBE BEEF
Quando ho pianificato la visita alla città di Kobe mi sono riproposta di assaggiare il famoso Manzo di Kobe.
Sì, è vero, è davvero molto caro, ma dato che non credo tornerò ancora a Kobe, mi sono concessa questo piccolo lusso. E poi era il giorno del mio compleanno!!
Il consiglio che ci era stato dato da un’altra blogger che aveva già visitato il Giappone era quello di mangiare il manzo a pranzo piuttosto che a cena, in quanto in questo momento della giornata i ristoranti offrono dei menu a prezzi più contenuti.
Ci siamo affidati all’opuscolo che ci è stato consegnato appena varcata la porta di Chinatown (Nankin Machi), che riportava i ristoranti certificati a servire il vero manzo di Kobe.
Ebbene, l’esperienza è stata davvero superlativa. Non riesco a esprimere a parole la bontà di quella carne cucinata quasi al sangue che si scioglieva in bocca in un’esplosione di gusto.
L’idea che avevo, di non tornare più a Kobe, è cambiata nell’esatto momento in cui ho assaporato il primo boccone di Wagyu Beef. Credo che tornerò per mangiarla nuovamente.
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