Mangiare a Post di Viaggio

Cosa fare a Rieti in un giorno

“Vi sono due cose durevoli che possiamo sperare di lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali.”
(Proverbio cinese)

L’ autunno scorso ho deciso di regalarmi e regalare ai miei genitori una giornata proprio nel luogo in cui sono nata: Rieti.
Purtroppo non riesco a tornarci quanto vorrei; sarà perché si tende sempre a voler vedere posti nuovi per colpa delle sopracitate ali, ma ogni volta che ci passo già guardare le mura che cingono  la città mi fa sentire a casa. Merito delle radici, immagino.

La città

Rieti è una città sulla via Salaria strada di collegamento per il centro Italia tra Tirreno e Adriatico. Situata in una valle ai piedi del gruppo montuoso del Terminillo ha il fiume Velino che le scorre accanto.
Fu la capitale dell’antico popolo sabino, poi occupata dai romani. Una delle caratteristiche della città sono le mura costruite in epoca romana e modificate ed ampliate nel periodo medievale che si trovano al lato opposto rispetto al fiume.

Lungo le mura ci sono le porte che consentono l’ingresso all’interno della città storica.

Noi abbiamo iniziato la nostra passeggiata da Porta d’Arci, porta che dà verso la via Salaria e il Terminillo.
Non avendo una meta precisa  ci siamo addentrati  tra i vicoli della città per ammirare senza fretta gli scorci che ci offriva una giornata fortunatamente di sole.

Arrivati a Piazza San Rufo ci siamo fermati a leggere la lapide che indica il centro d’Italia.
Per chi non lo sapesse, già dall’antichità Rieti era considerata centrale tra le due coste e in linea retta rispetto ai punti estremi della Vale d’Aosta e della Calabria. La lapide riporta la scritta Centro d’Italia  in 20 lingue diverse. Al centro della piazza c’è anche un monumento  donato dalla facoltà di Architettura dell’Università di Tiblisi. Sul lato ovest si trova la chiesa di San Rufo.

Proseguendo attraversiamo Via Roma, strada piena di negozi, e arriviamo in quella che secondo me è la piazza più bella di Rieti: Piazza Cesare Battisti.
Possiamo qui ammirare Palazzo Vicentini con il suo giardino pensile che si affaccia sulla città e la Cattedrale di Santa Maria Assunta.
Il palazzo è attualmente sede della prefettura, il giardino è liberamente accessibile e merita una visita. La compagnia di un bel libro e le panchine facilitano il relax. Il muro che delimitava il confine è stato sostituito da una cancellata che permette allo sguardo di spaziare.

La cattedrale è il luogo di culto più importante della città. Dalla piazza sono visibili il portico e il campanile, all’interno il battistero a sé stante è collegato dal portale presente nel portico, all’interno si può visitare il Museo del tesoro del Duomo. La cappella interna, dedicata a Santa Barbara, è la più importante; progettata dal Bernini e costruita nel XVI, fu dedicata alla santa patrona di Rieti nel 1651.
Il 4 dicembre in città si celebra la festa del santa, protettrice, oltre che della città, dei vigili del fuoco e di coloro che fanno fuochi d’artificio; per questo a Rieti ci sono anche diverse aziende pirotecniche.

Sotto il pavimento della Cattedrale si trova la cripta romana comunemente chiamata basilica inferiore costituita da nove navate con 16 colonne.

La nostra passeggiata termina qui, ma Rieti ha ancora molti posti interessanti da visitare, nella vicina Piazza Vittorio Emanuele c’è il Palazzo Comunale e la fontana dei Delfini.
Vi consiglio anche  Rieti sotterranea che permette la visita di un viadotto romano del III secolo a.C. Non può poi mancare una serata al Teatro Flavio Vespasiano, inaugurato alla fine del 1800 e dedicato all’imperatore per omaggiare le sue origini sabine.

Dove mangiare

Adesso, dopo aver stimolato l’appetito ci dirigiamo al ristorante per ritrovare i piatti tipici in ricordo delle nonne che non ci sono più. La scelta cade sul ristorante Cantina Centro d’Italia , molto vicino alla piazza con lo stesso nome.
Il menu è vario e spazia dalla tradizione sabina a quella romana. Le due cucine sono molto legate; la famosa Amatriciana, associata spesso alla cucina romana, è in realtà una variante del piatto tradizionale di Amatrice con aggiunta di pomodoro.

Il locale, piccolino e a conduzione familiare, è molto accogliente. Ci si sente a casa e la pasta è rigorosamente fatta a mano.

Noi abbiamo optato per i maltagliati alla sabinese e i pizzicotti, pasta ‘’pizzicata’’ e messa nell’acqua bollente. Devo confessare che non avevo mai provato i pizzicotti, ma a mio padre ha fatto piacere mangiarli di nuovo perchè sua nonna li preparava spesso.
In accompagnamento vino della casa e zuppa inglese come dolce.
Da racconti familiari so che questo dolce veniva preparato dal mio bisnonno, cuoco a Leonessa, come torta nuziale. Da piccola non potevo mangiarla perchè c’era l’alchermes, il liquore da dolci di colore rosso. Ma una volta cresciuta ho recuperato…

Il menu del ristorante è scritto in dialetto, io ho avuto quindi modo di ripassare un po’, ma voi potete star tranquilli il personale è disponibile a darvi tutte le spiegazioni ed a consigliarvi.
Da parte mia vi posso dire che la cucina locale, un po’ come quella romana, è una cucina di recupero: il popolo mangiava quello che i nobili e il clero scartavano. Troverete, quindi, molti piatti preparati con interiora come i recaji (di pollo) e carne recuperata come polpette (pane raffermo e carne macinata) e polpettone. Presenti anche piatti a base di cacciagione (quaglie e cinghiale),  pecora e maiale in tutte le forme possibili.

Spero di avevi fatto venire un po’ di curiosità sulla città e sui piatti tipici di un luogo a cui sono particolarmente legata.

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