Il primo viaggione on the road in USA di polpettina, cioè quello in California dello scorso anno si era concluso a Los Angeles dopo aver percorso quasi 3000 miglia ed aver visitato San Francisco, lo Yosemite, il Sequoia, la Death Valley, Las Vegas, una puntatina al Grand Canyon West, il Joshua Tree, San Diego e Los Angeles. I giorni limitati ed il fatto di avere per la prima volta con noi una bambina di poco più di un anno ci aveva però impedito di raggiungere i cosiddetti Parchi Rossi cioè Monument Valley, Bryce Canyon, Antelope Canyon e Grand Canyon che da moltissimi anni sognavo pensando al mio primo viaggio in America. Così stendere un secondo itinerario per un un secondo viaggio on the road è stato un compito semplice. Una volta condiviso il programma con i nostri compagni di viaggio Cinzia e Gianni è stato quasi automatico acquistare altri biglietti aerei per Los Angeles. Perché atterrare di nuovo li? Perché i voli dall’Italia sono in assoluto i più economici e perché abbiamo pensato che due giorni di relax sull’Oceano non guastano mai, soprattutto quando sei consapevole di quante cose ancora da vedere hai lasciato lo scorso anno.
In attesa che spuntasse il sole quindi abbiamo fatto un salto a Beverly Hills e al Griffith Observatory che non eravamo riusciti a vedere lo scorso anno e siamo tornati per pranzo al Farmer’s Market e dove non ci siamo fatti mancare una fetta della storica Apple Pie di Du-par’s per poi ritornare sulla spiaggia nel pomeriggio e goderci una passeggiata sul molo e sul lungo mare di Santa Monica e Venice Beach.
La seconda mattina siamo partiti di buonora per il vero e proprio on the road attraverso la I40 e poi sulla Historic Route 66, complice il fuso orario ancora sballato e la possibilità di fare colazione dalle h 6 in quasi tutti i motel che abbiamo frequentato. Prima tappa Calico una città ghost-town ricostruita sulle rovine di una antica città sorta attorno alla sua miniera d’argento. Seconda tappa sulla Route 66 Oatman una cittadina famosa per avere degli asinelli che pascolano in libertà e anch’essa un tempo molto popolata grazie alla miniera d’oro. Terza ed ultima tappa della giornata Kingman cittadina famosa per aver dato i natali proprio alla Mother Road Route 66 e già in precedenza importante snodo ferroviario. Qui andiamo a cena in un bellissimo diner in stile anni ’60 Mister D’z con Juke Box e statue di Elvis, trascorriamo poi la notte in un motel senza infamia e senza lode qualche miglio fuori città.
Terza tappa da Kingman al Gran Canyon ancora lungo la Route 66 almeno fino a Seligman, la città che ha ispirato gli sceneggiatori di CARS, il film di animazione Disney e dove è possibile vedere Cricchetto ed altri relitti di auto d’epoca. Decidiamo di saltare Williams perché si sta facendo troppo tardi e ci dirigiamo all’ingresso meridionale del Grand Canyon National Park. Vogliamo cambiare prospettiva per ammirare il mitico Grand Canyon che lo scorso anno abbiamo visto dal West Rim, un view point più laterale gestito dagli indiani hualapai e raggiungibile in un solo giorno da Las Vegas. Per visitare il Parco in mezza giornata abbiamo deciso di raggiungere con la navetta Hermit Rest e di tornare a piedi ammirando il canyon dal sentiero. La rimanente Desert View Drive invece l’abbiamo percorsa in auto facendo alcune soste ai view point fino alla Desert View watchtower una torre di avvistamento dove abbiamo potuto godere di una fantastica veduta sul Grand Canyon con i colori del tramonto. Cena tipica Navajo al Cameron Trading Post storico motel e ristorante gestito dagli indiani Navajo e ancora chilometri per raggiungere Page la nostra tappa successiva.
Quarto giorno, giorno di relax. Visto il programma serrato del giorno precedente, così studiato per minimizzare il numero di diversi motel, abbiamo deciso di concederci un giorno in più a Page per riposarci e goderci in po’ di più di quanto viene solitamente concesso a Lake Powell, un lago artificiale enorme formato dalla Glen Canyon Dam una diga costruita sul Colorado River. Abbiamo scelto la spiaggia di Lone Rock per passare la mattinata li si può fare il bagno anche se gli RV che possono arrivare fino a riva ne disturbano un po’ l’atmosfera. Abbiamo trascorso il pomeriggio nella piscina del nostro Motel di Page, Page Boy Motel, carino ma senza pretese, un po’ troppo caro ma come tutti i motel di Page purtroppo. Per cena abbiamo provato un posto che regala una vera esperienza di cultura locale: In to the grand un ristorante con cucina e spettacoli di danza Navajo, interessante più che altro per lo spettacolo.
La quinta giornata è stata la giornata dedicata agli Antelope Canyon. Non sapendo scegliere quale visitare, abbiamo prenotato l’Upper Antelope Canyon per le 11, l’orario migliore quello in cui la luce solare filtra delle rocce ed illumina in modo ottimale il canyon. Alle tre di pomeriggio abbiamo invece visitato il Lower Antelope Canyon, meno suggestive le foto ma più divertente da percorrere perché disposto su diversi livelli collegati tra loro da scale e passerelle. Entrambi i tour vanno prenotati con mesi di anticipo, soprattutto quello all’Upper delle 11 perchè molto ambito, le guide sono in entrambi i casi indiani Navajo perché si tratta di posti per loro sacri, entrambe le attrazioni vengono chiuse in caso di maltempo perché le piogge si trasformano in alluvioni molto violente all’interno dei canyon.
Il sesto giorno inizia con la visita dell’Horseshoe Bend, un’ansa del fiume Colorado a forma di ferro di cavallo. Stupendo come in foto ma davvero sovraffollato! Ci dirigiamo poi verso la Monument Valley dove percorriamo in autonomia la Valley Drive e pernottiamo in una delle recentissime Cabins del The View Hotel, vista i tre buttes più celebri della Monument. Assolutamente consigliata la sistemazione da quattro posti letto è caruccia ma vi consente di avere un panorama unico ad uso esclusivo e di risparmiare sulla cena essendo il bungalow molto ampio per tutti e quattro gli ospiti e assolutamente confortevole. Ricordatevi quindi di fare la spesa se volete godervi il relax vista Monument Valley.
Giorno sette: difficile stupirsi ancora dopo tanta bellezza alla Monument Valley. Noi però rimaniamo estasiati da una stupefacente alba dal nostro patio e ancora affascinati dalla visita alla Valley of the Gods e dal bellissimo ma infotografabile Goosneck State Park un’altra serie di anse del fiume Colorado che generano un serpentone infinito tra le rocce. Dopo una sosta improvvisata per una pizza al Wagon Wheel di Monticello (paesino interessante ma che non conoscevamo) proseguiamo il trasferimento per Moab dove alloggiamo per la prima volta in campeggio. Posto carino, fuori città vicinissimo ai parchi che vogliamo visitare (Arches e Canyonlands), cottage minuscolo e privo di utensileria da cucina. Concetto di campeggio totalmente diverso dal nostro: gli americani se ne stanno dentro il loro mega caravan RV con aria condizionata e tv 50” e non si dedicano né alla vita outdoor né alla socializzazione che sono i due principali motivi che mi spingono alla vita da campeggio.
L’ottava giornata del nostro viaggio prevede pochissimi chilometri perché l’Arches National Park si trova vicinissimo al nostro campeggio. In realtà il parco è immenso e anche oggi maciniamo le nostre belle miglia sia a piedi che in auto. La fatica del trail, completamente sotto il sole, è assolutamente ripagata dalla visione del Delicate Arch ma il caldo è davvero opprimente e torniamo in piscina molto presto! Ottima cena, davvero elegante e con magnifica vista sulla valle al Sunset Grill un ristorante costruito sulle montagne dove un tempo vi erano miniere di Uranio.
Nono giorno speso al Canyonlands National Park, meno caldo e tanta voglia di avventurarsi sulle strade sterrate che caratterizzano questo parco, purtroppo lasciamo le piste a chi possiede un 4×4 e ci accontentiamo del brevissimo trail al Mesa Arch ed il più impegnativo Upheavel Dome trail attorno ad un cratere di circa 3 miglia di larghezza e 1 miglio di profondità. Il protagonista però è sempre lui il Colorado River che plasma ogni regione in cui scorre con magnifici panorami. Un occhiata veloce ad altri fantastici panorami dal Dead Horse State Park e poi pomeriggio passato nuovamente in piscina con cena alla Moab Brewery una birreria artigianale che sforna anche ottimi panini e piatti di carne!
Decima giornata, giornata di trasferimento da Moab al Bryce Canyon. Si tratta di un trasferimento lungo però due delle strade più panorami dell’intero itinerario. La UT24 infatti ci regala la più grande varietà di panorami dai più desertici della Goblin Valley a quelli più verdi delle oasi che iniziano a comparire nei pressi del Capitol Reef National Park. Facciamo sosta con pic-nic e fetta di torta a Fruita, città fondata dai mormoni e destinata proprio alla coltivazione degli alberi da frutta, e poi riprendiamo la strada fino a Torrey dove svoltiamo sulla UT12 Scenic Byway per altri panorami mozzafiato sull’Escalante Canyon e dove ci fermiamo per una passeggiata sull’Escalante River. Arriviamo in serata a Tropic cittadina a dieci miglia dal Bryce dove alloggiamo al Pioneer Bryce Village, motel carinissimo con cabine in legno, una bella piscina ed un ristorante con birre artigianali.
Day 11, interamente dedicato alla scoperta del Bryce Canyon National Park, uno dei parchi che ho atteso con maggiore trepidazione. Partiamo da Sunset Point (l’alba è passata già da un pezzo) e scendiamo lungo il Navajo Loop all’interno del canyon per poi proseguire lungo il Queen’s Garden Trail e risalire verso Sunrise Point e ammirare di nuovo l’anfiteatro dall’alto. Bellissimi anche gli altri view point del parco, fatti in macchina dove il rosso delle rocce del Bryce si immerge nel verde dei pini che caratterizzano questo parco. Giretto a Bryce city ed al famoso Ruby’s Inn Lodge (storico motel fondato agli albori del Parco Nazionale di Bryce) e ai negozi intorno dalla perfetta atmosfera western.
Il giorno dopo, il dodicesimo raggiungiamo lo Zion National Park, uno dei più antichi degli Stati Uniti. Percorriamo la Mount Carmel Highway la strada panoramica che conduce allo Zion attraverso lo storico tunnel del 1930. Il paesaggio si fa più alpino ma il caldo è torrido. Trovare parcheggio e capire come pagarlo inoltre è una vera impresa (per questo suggeriamo di prendere il bus da Springdale). Non avendo moltissimo tempo da dedicare allo Zion decidiamo di prendere la navetta fino al capolinea e di percorrere poi la Riverside Walk, passeggiata semplice, e per questo superaffollata, che funge da preludio anche alla passeggiata umida nel fiume The Narrows. Raggiungiamo poi il primo view point delle Emerald Pools ma queste sono pressochè asciutte e decidiamo così di proseguire la nostra trasferta verso Las Vegas. Si tratta della seconda visita in meno di un anno ma dopo dieci giorni immersi nel nulla decidiamo comunque di tornare nell’unica città inseribile in questo itinerario. Stavolta decidiamo di soggiornare al Tuscany Suites and Casino un hotel economico a poca distanza dalla strip ma nel quale ci siamo trovati benissimo: suites enormi, con salotto e angolo cottura, e bellissima piscina con ombrelloni a volontà.
Fare base a Las Vegas per noi non significa trascorrerci la giornata. A parte il clima torrido, entrare ed uscire da hotel e casino non è tra le nostre priorità, così decidiamo di dedicare il giorno 13 del nostro on the road alla vicina Valley of Fire, uno State Park il cui ingresso, 10$ non è incluso nell’Annual Pass. Anche qui sono le rocce e le loro particolari formazioni nei toni del rosso le protagoniste unite ad alcune opere lasciate dall’uomo quali incisioni rupestri e vecchie cabine in legno utilizzate dai primi frequentatori del deserto del Mojave. Trascorriamo poi il pomeriggio in relax in piscina nel nostro hotel e per cena siamo pronti per un’altra cosa tipica di Las Vegas: il buffet del Cosmopolitan, il Wicked Spoon. Ogni hotel di LV infatti ha almeno un ristorante a buffett con pacchetto bevande optional. Lo scorso anno abbiamo provato quello del Bellagio, il più grande in assoluto, questo anno invece abbiamo optato per questo che ci è sembrato qualitativamente più elevato.
Quattordicesimo giorno, ancora giorno di trasferimento: lasciamo Las Vegas diretti a Los Angeles dove riposeremo un po’ prima del rientro in Italia. Per spezzare il viaggio abbiamo individuato un piccolo outlet proprio a metà strada, a Barstow. In due viaggi on the road non siamo ancora riusciti a dedicare un giorno allo shopping ed ora è finalmente venuto il momento. Non è il più bell’outlet del mondo ma ci sono i marchi che ci interessano, inoltre i negozi sono disposti a ferro di cavallo e protetti da porticati che ci fanno sopportare meglio le alte temperature. In un paio d’ore facciamo tutti i nostri acquisti, un pranzo veloce e ripartiamo per la costa. Ho scelto come base per le ultime due notti americane Redondo Beach, una piccola località affacciata sull’Oceano Pacifico che abbiamo visto di passaggio lo scorso anno e della quale mi sono innamorata. Qui c’è questa atmosfera rilassata in cui sognare di trasferirsi viene subito spontaneo.
La quindicesima ed ultima giornata la trascorriamo sulla spiaggia. Questa volta abbiamo la pazienza di attendere che June Gloom lasci spazio al sole ed infatti alle 11 stiamo già morendo di caldo sulla spiaggia di Hermosa Beach. Purtroppo non siamo così temerari da fare il bagno, basta avvicinarsi al bagnasciuga che il vento fresco dell’Oceano ci fa passare la voglia… Le spiagge qui sono bellissime, infinite, con poca gente disposta in un’unica grande fila, non esiste stare dietro a qualcun’altro! Il lungo mare è affollato di gente che corre, va in bici, pattini o semplicemente passeggia. Sulla spiaggia ci sono diversi campi da beach-volley e playground per bambini di tutte le età. Il molo di Hermosa Beach si popola di pescatori verso il tardo pomeriggio, noi invece ci spostiamo sul molo commerciale di Redondo Beach dove ci sono diverse pescherie con ristoranti annessi e dove si mangia in modo molto informale il pescato. Pesci di tutti i tipi, crostacei cucinati al momento e secondo il proprio gusto.
Il giorno successivo nessun programma, solo un passeggiata sul lungomare per salutare l’Oceano e gli Stati Uniti che ci hanno davvero rapiti in questi due lunghi on the road in otto mesi. Le considerazioni generali che ho fatto al termine del primo viaggio sono ancora attuali e l’unica variazione apportata allo schema è stata il ritmo leggermente più lento: programmato per polpettina ne abbiamo giovato anche noi unendo il desiderio di scoprire al piacere di un po’ di relax da vacanza!
No Responses